Nella legiferazione, l’approccio indotto dalla smania di comprendere ogni cosa, di non lasciare buchi o lacune genera risultati caotici e incomprensibili. Il caso della tassazione delle cripto-attività è davvero esemplare.
Qui accade questo, nel concepire la norma, anziché stabilire prima che cos’è una cripto-attività e se ne esistono di differenti fra loro, per natura, utilizzo, ci si affretta a dare una definizione più ampia possibile, commettendo una serie di errori.
Il primo: prevedere la tassazione per le plusvalenze da cessione di qualunque cripto-attività. E questo, senza neppure porsi il problema che tra un bitcoin e un nft esiste una differenza sostanziale, tale da non giustificare una parificazione delle due cripto-attività sotto il profillo della tassazione e, in particolare, sotto il profilo della generazione di redditi diversi.
Infatti, mentre le cripto valute sono assimilabili alle valute tradizionali e dunque è possibile un’equiparazione sotto il profilo della tassabilità delle plusvalenze come redditi diversi, la stessa cosa non vale per gli nft che, assimilabili a opere d’arte o dell’ingegno, non dovrebbero generare redditi diversi tassabili.
Il secondo: prevedere la tassabilità di proventi derivanti dalla detenzione di cripto-attività. Il che equivale a dire, prevedere di tassare qualcosa che non esiste e non si sa se esisterà mai.
Un approccio semantico avrebbe invece consentito un semplice e corretto inquadramento delle cripto-attività.
Primo step
Che cos’è una cripto-attività e qual è la nozione giuridica codificata che può ricomprenderla? Può essere oggetto di diritti? Sì. Ha un valore economico? Sì. Bene, allora può essere essere inquadrata nella nozione giuridica di beni di cui all’art. 810 c.c..
Secondo step
Individuare le caratteristiche specifiche di ciascuna cripto-attività, la sua natura, la sua funzione e il suo utilizzo. Si sarebbe facilmente giunti a una differenziazione tra cripto-valute e nft o token rappresentativi di diritti.
Ultimo step
Assimilare ciascuna cripto-attività a beni materiali con le stesse caratteristiche. I bitcoin alle valute, gli nft alle opere d’arte, e così via.
La tassazione sarebbe stata una conseguenza logica. L’aggettivo virtuale sarebbe stato sufficiente a specificarne l’inserimento e a renderlo certo.
Ora invece abbiamo una situalzione complicata. Una nuova norma introduce la tassazione delle cripto-attività. Allora perché chiederne la tassazione retroattiva?
Sono tassabili anche le plusvalenze da cessione di nft? Come si giustifica la sperequazione rispetto alle plusvalenze da cessione di opere d’arte tradizionali che restano non tassabili quando sono realizzate al di fuori di un’attività d’impresa?
Ecco spiegata in concreto l’importanza di un approccio semantico nell’attribuzione di significato e nell’interpretazione delle norme.
Legiferare non è molto diverso dal comunicare, cambia solo la rilevanza giuridica del linguaggio.
Trailer degli episodi dello speciale dell’Avv. Sebastiano Stufano, pubblicati su quotidianopiù
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